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TURANDOT – Opera di Pechino – Bolzano

10 Gennaio 2019 @ 20:30 - 13 Gennaio 2019 @ 20:30

TURANDOT

Opera di Pechino

drammaturgia Wu Jiang e Wu Yuejia regia Marco Plini musiche originali Luigi Ceccarelli, Alessandro Cipriani e Qiu Xiaobo con gli attori della compagnia nazionale dell’Opera di Pechino e l’ensemble musicale composto da musicisti italiani e cinesi CHINA NATIONAL PEKING OPERA COMPANY EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE TEATRO METASTASIO DI PRATO Bolzano, Teatro Comunale, Sala Grande, 10 – 13 gennaio

Il progetto Turandot, diretto da Marco Plini, è la ricerca di un punto di incontro tra diverse tradizioni teatrali, da un lato la poesia dell’Opera di Pechino, dall’altro il grande mistero della Commedia dell’Arte. Per la prima volta infatti un regista italiano si confronta con l’opera di Pechino, una realtà artistica che è teatro, danza, musica ma soprattutto arte dell’attore, un attore che dedica la sua vita al perfezionamento del gesto artistico, riproducendo costantemente un codice tramandato dai suoi maestri. Due culture si incontrano e dialogano sul palco, così come sta accadendo anche fuori da teatro.

A proposito di questo spettacolo

Favola, per antonomasia, dell’esotismo orientale, ricca di colpi di scena, agnizioni e promesse ferali, Turandot è divenuta nel tempo (da Gozzi a Puccini) l’emblema del nostro immaginario verso la grande Cina.
Per la prima volta, ora, un regista italiano, proprio a partire dalla novella del principe Calaf e della principessa Turandot, si confronta con la tradizione dell’Opera di Pechino. Lo spettacolo è un sottile gioco di specchi tra due mondi, lontani in apparenza, ma reciprocamente attratti e affascinati l’uno verso l’altro. Da un lato, dunque, la raffinata arte attoriale dell’Opera di Pechino, abilissima mescolanza di recitazione, danza e canto, tesa a una continua perfezione del gesto artistico, dall’altra, invece, lo sguardo prospettico d’invenzione tutta italiana, il gusto visionario e la lunga sapienza d’ordire scene illusionistiche, abilità divenuta patrimonio del teatro europeo. Questa Turandot prosegue la fortunata esperienza italo-cinese del Faust: si rinnova il vivo confronto tutto teatrale tra Asia ed Europa.

Spettacolo in lingua cinese con sovratitoli in italiano

 

Può sembrare una grande sfida, in un primo momento, scrivere una nuova musica per Turandot. 
In realtà si tratta invece di un lavoro teatrale lontanissimo dall’opera di Puccini che tutti conosciamo. 
Qui siamo in Cina, quella vera, non quella vagheggiata o raccontata, e solo una parte della storia (che risale addirittura al medioevo persiano) ha qualche similitudine. 
 
In questo lavoro il nostro proposito è stato innanzitutto quello di confrontarci, come compositori, con una tradizione secolare come quella dell’opera di Pechino, con i suoi attori e musicisti, con la sua tradizione musicale. Questa musica ha variazioni ritmiche inaspettate in relazione indissolubile con il movimento e con il fraseggio degli attori, e non c’è alcuna relazione con l’opera italiana. 
Ci siamo dunque posti di fronte a questo mondo così organico fra testo, teatro, movimento fisico e musica cinese, creando un secondo strato sonoro, parallelo ma completamente integrato, laddove l’espansione timbrica degli strumenti cinesi e di quelli occidentali ne coglie elementi comuni, come se gli uni avessero davvero bisogno degli altri per evolversi verso lidi nuovi. 
 
In questa “Turandot” viene posto in essere un incontro fra musica elaborata da un’autrice cinese a partire da melodie della tradizione dell’opera di Pechino (per 8 voci, jing hu, er hu, yue qin e percussioni cinesi) e musica originale composta da due autori italiani (per contrabbasso, percussioni, chitarra elettrica ed elaborazione elettronica in tempo reale e differito).
Gli strumentisti italiani e quelli cinesi, suonando insieme, creano una dimensione altra, fatta di scambi e relazioni. 
In un certo senso sia i 3 strumenti italiani, sia i 7 strumenti cinesi rappresentano l’essenza degli organici ben più vasti che si riscontrano nelle performance dell’opera tradizionale cinese: strumenti ad arco, strumenti a corda e strumenti a percussione. Anche per questo la nostra scelta dell’organico italiano si è posata sulle stesse tre tipologie di strumenti tra i più rappresentativi della musica contemporanea europea. Le parti elettroniche sono rielaborazioni di suoni provenienti dagli strumenti stessi, sia cinesi, sia italiani.
In questo senso l’elettronica rappresenta quasi una lente d’ingrandimento con cui ascoltarli in modo diverso e diventare un ponte fra le culture. 
Mediante la tecnologia elettronica gli strumenti e le voci vengono anche posti in uno spazio sonoro multidimensionale, un ambiente che si evolve con la drammaturgia e diventa anch’esso lo spazio acustico del racconto.

Alessandro Cipriani e Luigi Ceccarelli

Dettagli

Inizio:
10 Gennaio 2019 @ 20:30
Fine:
13 Gennaio 2019 @ 20:30

Organizzatori

Hì-QU Music
Emila Romagna Teatro Fondazione

Luogo

Teatro Comunale
Piazza Giuseppe Verdi, 40
Bolzano, BZ 39100 Italia
+ Google Maps
Telefono:
0471 053800
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